Nato come semplice villaggio nella giurisdizione del limitrofo centro di Barbaro (oggi distrutto), il paese fu ampliato con l’arrivo di un consistente gruppo di profughi proveniente da Barbaro dove, ormai da qualche tempo, si era propagata la peste.
Notizie storiche.
“In distanza poi di miglia sei dentro una gran valle, ma su un alto colle, miglia diece discosto dal mare, vedesi Zagarise”.
Con questa stupenda descrizione, il nobilissimo Padre predicatore Giovanni Fiore da Cropani scrittore del primo ‘600, inizia a parlare di Zagarise nella sua famosa opera varia istorica: “Della Calabria illustrata”.
Nella descrizione viene confutata soprattutto la tesi dello storico Grano, il quale datava la fondazione del primo nucleo di Zagarise verso la fine del secolo XIV da gente fuggita da Barbaro, borgo non lontano, dove in quel tempo infuriava una epidemia di peste.
Di Barbaro, villaggio scomparso di origini antichissime, ne parleremo in quanto entra a far parte direttamente della nostra storia. Va subito detto che Barbaro non era l’antica Zagarise, secondo quanto si racconta in una vecchia storia popolare che, come si può capire, riprende le tesi del Francesco Grano, ma costituiva villaggio non ancora rovinato quando Zagarise esisteva già.
In seguito alla terribile peste del 1413 che infuriò per 10 mesi ininterrottamente, la popolazione di quel luogo, indifesa verso il terribile male, si vide costretta ad abbandonare ogni cosa e portarsi verso luoghi più salubri; fu così che, come asserisce lo scrittore di Cropani, la gente fuggita da Barbaro andò ad ingrandire e non a formare la popolazione delle altre due terre vicine:
Zagarise e Cropani che in quel tempo, appunto, esistevano già.
Dell’antico borgo, Padre Giovanni Fiore scrisse:
“Poche memorie si ritrovano di quella abitazione ne’ scrittori delle cose di Calabria, né saprei perché, essendo stata ella per origine antichissima, e per rovina non molto moderna. In uno scritto a penna, si legge che un tale per nome Silone Barba, ritornando insieme con gli altri greci da Troia, già rovinata, approdato con la sua gente nel golfo di Squillace alla foce del fiume, detto volgarmente Uria e fastidito d’oltre più navigare allargatosi per dentro terra alla montagna, in un luogo molto salubre d’aria e di comodità all’umano vivere, gittò le prima fondamenta ad una grossaterra, che dal suo cognome disse Barbato, e quindi poi col tempo Barbaro“.
Di Barbaro oggi non rimangono che pochi resti, qualche cumulo di pietre, qualche rudere di semplice abitazione; osservando il luogo è facile notare come quell’antico popolo ebbe grande accortezza nel sceglierlo come dimora; esso infatti, posto a valle di Sersale e a Sud Est di Zagarise, gode di una invidiabile posizione di difesa, sia per le alture che lo proteggono alle spalle, sia per le profonde, stupende vallate che scendono verso il mare.
Ritornando a Zagarise, della quale possiamo datare la fondazione intorno all’anno 1000, non è possibile in questo contesto parlare delle vicende che si succedettero e la interessarono e dei signori che l’ebbero in proprietà; diremo soltanto che molte furono le dominazioni, invasioni ed angherie che la popolazione di quel luogo dovette sopportare ad iniziare dal secolo XII.
A Zagarise è possibile ammirare due delle fontane presso cui ci si riforniva d’acqua per l’uso domestico e si faceva il bucato prima che l’acqua corrente raggiungesse le case del piccolo centro: la fontana del Meriggio e l’Acqua e’fhore, recentemente oggetto di interventi in occasione dell’evento “Giardini delle Esperidi” che ne hanno reso possibile la fruizione.
“Situata in campagna, a un miglio dall’abitato, c’era la chiesa di S. Maria degli Angeli. Essa, la più grande, era costituita da una sola navata ed aveva due porte: una grande, frontale, con al di sopra una finestra, e l’altra, laterale, più piccola. Possedeva due altari: uno di fianco, dedicato alla Vergine S.S. e l’altro, in fondo, di rimpetto all’ingresso. Entrando nella chiesa, a destra, era situata un’acquasantiera in marmo, sorretta da tre piedi di ferro e fermata saldamente al muro.
Il luogo santo possedeva due quadri, ma non di gran pregio. Addossata ad esso, dal lato sud, c’era una rustica casetta di contadini. Di questa chiesa, ai giorni nostri, non restano che i muri perimetrali, con un ammasso di pietrame, all’esterno, che, con certezza, sono gli avanzi del campanile. Le funzioni religiose cessarono sin dal 1700”.
La pietra di San Pancrazio, originariamente collocata presso l’antica strada che collegava Zagarise al fosso dell’Erbaluro, conserva testimonianza di eventi miracolosi nella tradizione popolare. Il racconto vuole che la statua di San Pancrazio, ritrovata sulle spiagge di Sellia Marina dagli Zagaritani, fosse stata portata a mano da volenterosi fedeli. Arrivati ad un certo punto, stanchi e assetati, i fedeli si fermarono a rifiatare e poggiarono la statua su un grande masso lungo la strada. Facendo ciò all’improvviso il masso iniziò a risplendere e in corrispondenza della base del pastorale di San Pancrazio, si apri un foro da cui sgorgò dell’acqua per gli assetati fedeli. Visto il miracolo i fedeli si rimisero in marcia portando a destinazione la statua. Ancora oggi è possibile vedere la superficie liscia del masso con il foro del pastorale del Santo, è la pietra risplende di strane tonalità blu e viola….
Anche questa chiesa risale al 1400, più precisamente al 1425, alcune fonti la datano però come più antica. La chiesa attualmente è caratterizzata da un ampio portale in stile romanico e da diversi archi che a loro volta vengono sorretti da colonne. Altro elemento che caratterizza la chiesa è l’altare in marmo risalente al 1600.
Il ricordo della città di Barbaro è avvolto da un’aura di leggenda. Si narra infatti che la città, dalle origini incerte e dalla fine ancor più misteriosa, fosse caduta sotto il dominio dei saraceni e che per liberarla Carlo Magno avesse inviato Orlando e altri valorosi paladini. Irretiti dai malefici incantesimi di una strega, i paladini morirono tutti, tranne Orlando, che col suo coraggio e il suo valore riuscì a liberare la città.
Di una leggendaria città di nome Barbaro raccontano molti autori dei tempi antichi, tra cui Padre Fiore da Cropani (sec. XVII), che infatti scrive:
“Poche memorie si ritrovano di questa abitazione né scrittori delle cose di Calabria, né saprei perché, essendo stata ella per origine antichissima, e per rovina non molto moderna. In un scritto a penna si legge, che un tal per nome Silone Barba, ritornando insieme con gli altri greci da Troia, già rovinata, approda con la sua gente nel golfo di Squillaci alla foce del fiume detto volgarmente l’Uria (nome della figlia del re Priamo), e fastidito d’oltre più navigare, allargatosi per dentro terra alla montagna, in luogo molto salubre d’aria, e di commodità all’umano vivere, gittò le prime fondamenta ad una grossa terra, che dal suo cognome disse Barbato, quindi con il tempo Barbaro.”
Della città di Barbaro, di cui rimangono importanti vestigia costituite essenzialmente da una cinta di mura perimetrali (almeno 5 lati) sul colle omonimo, esiste da sempre – a Sersale e Zagarise – una ricca memoria orale tramandata fino ai nostri giorni.
I resti della città occupano la parte culminale di un colle compreso tra il fiume Uria ed il Fosso Catoie, con il tipico aspetto delle cittadelle fortificate, delimitate da ripide pareti lungo tutti i versanti.
Prima di iniziare a raccontarti della mia terra e partire insieme a Noi nel viaggio alla scoperta della Calabria, voglio raccontarti chi sono e perché è nato il progetto Discovering PreSila.
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