La Soppressata Calabrese che ci identifica e contraddistingue è vanto di ciascuna famiglia; l’allevamento del maiale con solo prodotti naturali, la lavorazione delle carni che spetta all’uomo e l’insaccatura che invece è compito delle donne ma anche il rispetto di rigidi requisiti determinati nel disciplinare di produzione, già 🙂 🙂
Viene prodotta nell’intero territorio della regione, le carni suine provengono esclusivamente da allevamenti del territorio calabro, lucano, siculo, pugliese o campano.
Anche le fasi di macellazione e lavorazione devono necessariamente essere avviate e concluse nella regione calabrese, i suini non devono presentare un’età inferiore agli otto mesi e il peso non deve essere al disotto dei 140 kg.
La carne utilizzata per questa produzione è puro suino ed è ricavata utilizzando le parti più pregiate maiale come prosciutto e spalla; la selezione deve essere accurata e il grasso deve essere ricavato dal lardo della parte anteriore del lombo in una percentuale che non deve superare il 15% per ogni chilogrammo di carne.
L’impasto della soppressata viene preparato ricorrendo a ingredienti naturali, sale, pepe nero e pepe rosso e “pasta di peperone”.
CURIOSITA’
È usanza assaggiare l’impasto cuocendone una piccola quantità in padella e sentire subito quanto sia piccante e accertarsi che la quantità di sale seppur pesata, sia effettivamente sufficiente!
L’impasto ottenuto viene insaccato in budella naturale ottenuti dall’intestino crasso del suino previa preparazione.
Il disciplinare stabilisce addirittura la lunghezza e la circonferenza del prodotto finito, ma ogni famiglia si regola come crede.
E’ importante, durante il riempimento, mantenere il budello sulla macchinetta e farlo scorrere poco alla volta per evitare che si formi dell’aria all’interno del salume, anzi, una volta legato, si fanno dei piccoli fori con un ago per togliere ogni residuo d’aria.
Le soppressate vengono poste l’una accanto all’altra su un lenzuolo e coperte, ponendo un tavoliere su cui vanno messi dei pesi per ottenere un’adeguata “pressatura”, dopodiché si lascia asciugare conferendo al prodotto una leggera affumicatura ottenuta ponendo nell’ambiente di stagionatura un braciere nel quale vengono bruciate legna di qualità e i prodotti vengono poi lasciati stagionare. Il tempo di stagionatura varia a seconda del clima; più freddo è e meno tempo ci vuole!!! Di solito sono sufficienti un paio di mesi e comunque sono pronte quando risultano abbastanza dure (il periodo di stagionatura dipende anche dalle dimensione delle soppressate).
Una volta ben asciutte vanno conservate! Anticamente si usava metterle in un recipiente di coccio detto terzarolo o quartarolo e le soppressate venivano poi ricoperte di strutto; negli anni si è passati a conservarle in damigiane di vetro a bocca larga che venivano riempite di olio d’oliva ed oggi, la conservazione avviene secondo la tecnica del sottovuoto: in questo modo le soppressate si conservano a lungo avendo l’accortezza di tenerle in locali freschi e riporli in frigorifero durante la stagione calda.
Il nome “soppressata” deriverebbe, secondo alcuni, dal verbo “soppressare”, ovvero “stringere con soppressa”, secondo altri dal metodo di preparazione che, specialmente in passato, prevedeva la pressatura degli insaccati realizzati, sui quali veniva adagiato un lenzuolo di lino e, al disopra del quale veniva poggiato un tavoliere con dei pesi, al fine di ottenere la “pressatura” del salame e secondo altri ancora invece, il nome deriverebbe dalla contrazione di “susu” (che in calabrese antico significa “sopra”) e “mpizzare” (che significa “appendere”). Quindi: “appesa in alto”.
Per quanto riguarda le sue origini non c’è nulla di certo; è probabilmente che in Calabria la produzione degli insaccati sia iniziata con la colonizzazione greca ma il primo testo ufficiale in cui viene citata esplicitamente la Soppressata è solo del 1691 ed è Padre Giovanni Fiore da Cropani che parla di carni lavorate in “in Lardi, in Salsicci, in Suppressate, e somiglianti”.
La vera soppressata calabrese è nata con l’aggiunta di peperoncino piccante che oltretutto è un ottimo conservante. Oggi sono tre le tipologie di Soppressata di Calabria DOP in commercio: la Bianca (solo con pepe nero macinato e/o in grani), la Rossa Piccante (con pepe rosso piccante o crema di peperoni piccanti) e la Rossa Dolce (con pepe rosso dolce o peperoni dolci).
La soppressata è un salume insaccato dal sapore intenso, leggermente pungente (per la presenza del peperoncino), sapido ma in maniera equilibrata. Il suo profumo è intenso e particolare.
Presenta un aspetto compatto e leggermente morbido, una colorazione rosso vivace a seconda degli ingredienti adoperati come pepe nero o pepe rosso dolce o piccante. La superficie rossa delle fette appare punteggiata di lardo bianco.
La soppressata può essere consumata in vari modi, anche se quello classico è sicuramente il più buono… basta semplicemente portare in tavola il salame e farlo a fette!!! Ogni fetta, levato il budello, va accompagnata con del pane, meglio se casereccio e, a piacere con del formaggio o delle fave… non vi è venuta la voglia di assaggiarla???
Per l’estate era abitudine tenere le pezzature più grandi, riservate ai parenti emigrati che ritornavano in ferie al paese di origine. Il salume doveva fare la “goccia” o la famosa “lacrima” quando si affettava e le fette si tagliavano spesse almeno mezzo centimetro. Caratteristiche rispettate ancora oggi.
Ammettiamolo, tutti gli italiani, e noi del sud in particolare, abbiamo due cose che ci tengono strettamente legati tra di noi, la prima è sicuramente la famiglia e la seconda, per quanto possa sembrare banale, è il cibo.
Situata oggi sulle pendici della Sila Piccola, è una ridente e laboriosa cittadina di circa 3000 abitanti, che ha acquistato la sua fama per aver dato i natali ad uno dei più significativi interpreti della pittura italiana del ‘600. Mattia Preti conosciuto anche come il Cavalliere Calabrese
CHI DICE CHE LA CALABRIA SIA SOLO MARE ?